Il sistema scolastico reggiano, da decenni, è uno dei più efficienti e di qualità a livello nazionale e internazionale. Non solo per le scuole dell’infanzia, celebrate come le migliori del mondo, ma anche per gli altri ordini di scuola: dalla primaria alla scuola superiore e, da alcuni anni, anche all’Università di Modena e Reggio Emilia. E’ come se l’esperienza illuminata delle scuole dell’infanzia si sia propagata anche negli altri ordini di scuola. Per questo ha ragione da vendere il sindaco di Reggio Emilia, in un suo recente intervento sulla Gazzetta, a ricordarci come, in tempo di emergenza sanitaria, il problema non sia tanto il rinvio di quattro giorni dell’apertura in presenza delle scuole superiori, quanto, piuttosto, «la necessità che la scuola italiana non può essere il vaso di coccio della fragilità politica del momento». Perché il rischio è proprio questo: che gli interessi economici e corporativi delle varie categorie lavorative schiaccino costantemente questo bene comune che rappresenta il cuore pulsante della nostra democrazia: la nostra scuola pubblica.
E’ indubbio che gli sforzi per una riapertura in presenza e in sicurezza delle scuole della nostra città e della nostra provincia, – comprese quelle superiori di secondo grado, – sono imparagonabili a quanto fatto dalla maggioranza delle città italiane. E non solo perché ci si trovava in una situazione emergenziale di crisi sanitaria, ma perché nella nostra realtà la scuola e la formazione, da sempre, sono una priorità non solo a parole o negli annunci prima delle elezioni, ma nella realtà. Un dato su tutti, inequivocabile, lo testimonia: quanto, economicamente, l’amministrazione locale investa su di esse. Rispetto a quanto fa il governo, almeno dieci volte di più.
Detto questo, mi fa piacere che, una volta tanto, sindaco, assessore alla scuola comunale e vicepresidente della provincia, a differenza di quanto fatto timidamente negli ultimi mesi, e proprio alla vigilia della ripresa delle scuole in questo nuovo anno, oltre a sottolineare per l’ennesima volta le nostre indiscutibili eccellenze locali sulla scuola, critichino con più coraggio e determinazione il governo in carica. E questo nonostante, di questo governo, faccia parte anche il proprio partito di riferimento: quello Democratico.
Ilenia Malavasi (vicepresidente della provincia) e Raffaella Curioni (Assessore all’educazione del comune) chiedono al governo certezze: «Si decida una volta per tutte». Sottolineando come un continuo balbettio governativo sulla quantità di ore in presenza e sulle date in cui inizierebbero, – al 30, al 50, al 70 o al 75% – possano creare difficoltà anche in una realtà positiva come la nostra, come certificato dallo stesso nuovo provveditore, che ritiene il sistema scuola reggiano già pronto anche a un ritorno nella scuole superiori al 50% della vita scolastica in presenza, come prospettato settimane fa, e non solo al 75%.
L’auspicio è che l’esperienza della nostra città, – come accaduto più volte in passato, con più forza e chiarezza di oggi, – possa rappresentare un esempio virtuoso non solo in Emilia-Romagna, ma in tutta Italia. O almeno all’interno di quel Partito Democratico nazionale che, come il governo attuale – ma anche il governo precedente della Buon Scuola, ammettiamolo – si comporta in modo a dir poco discutibile. Con la conseguenza di un comportamento schizofrenico rispetto al tema scuola, a seconda che se ne parli a livello locale o nazionale. Il silenzio di tanti, troppi onorevoli e senatori reggiani del PD, in questi anni, è tristemente esemplare.
Non è un caso che a qualsiasi sindaco reggiano che abbia continuato la sua carriera a livello nazionale, siano stati offerti, in prima battuta, ruoli nell’ambito scolastico e della formazione: più di uno, addirittura, di Ministro dell’Istruzione. E non è un caso che tante campagne elettorali del PCI, poi dei DS, ora del PD, abbiano avuto come «lancio» e «fiore all’occhiello» e proposta da trasferire anche a livello nazionale l’esperienza educativa reggiana.
Cosa serve perché questo accada, come già accaduto costantemente in passato? Che i nostri amministratori locali, sindaco compreso, – come avvenuto positivamente in questa occasione, – abbiano un po’ più coraggio, e costantemente, non a intermittenza. Senza timore, magari, di fare lo sgambetto o di ricevere critiche da parte di compagni di partito nazionali, magari più potenti e influenti.
Dopo la finta riforma renziana della Buona Scuola, a cui invece si accodò per convenienza tutto il PD locale e nazionale, credo che sia giunta l’ora di un dibattito serio e approfondito all’interno del PD e dell’intero centrosinistra su cosa sia e cosa si voglia veramente, per il futuro, dalla scuola pubblica. E non solo in tempo di epidemia. E’ un dibattito sempre più urgente e importante, credo, richiesto da gran parte degli elettori della cosiddetta Sinistra: prima di tutto docenti e famiglie di alunni e studenti.
E gli amministratori locali del PD, a partire dal sindaco di Reggio Emilia, personalmente dovrebbero essere i primi promotori di tale profonda riflessione all’interno del PD e, in genere, Italia. Se non loro, chi? Insomma: coraggio, coraggio, coraggio!
Articolo pubblicato sulla del 7 Gennaio 2021