Rossano Astremo ha intervistato per il Nuovo Quotidiano di Puglia online Giuseppe Caliceti sul suo ultimo libro La scuola senza andare a scuola, il diario di un maestro nel cuore della pandemia, un racconto dei giorni di lockdown, ma anche una denuncia sui continui tentativi di dismissioni da parte dello Stato del proprio cuore repubblicano e democratico: la scuola pubblica.
Cosa ti è mancato di più nei mesi di lockdown del tuo lavoro?
Il rapporto con i bambini. Faccio uno dei lavori più belli ma più faticosi del mondo. I bambini ti succhiano ogni energia. Ma ti restituiscono anche un’energia pulita, bella, potente, fresca.
Il tuo testo è a tutti gli effetti un diario che però non si limita a farsi resoconto dei mesi trascorsi ad insegnare a distanza ma assume anche una valenza direi in qualche modo politica.
Il diario con i suoi giorni che passano chiusi in casa e con la didattica a distanza è un po’ la colonna vertebrale di questa saggio narrativo, il basso continuo. La tesi del libro è che la pandemia abbia accelerato i processi di aziendalizzazione, privatizzazione, dismissione da parte dello Stato del proprio cuore repubblicano e democratico: la scuola pubblica. Questo è il tratto di continuità delle politiche scolastiche dei governo di centrodestra e centrosinistra succedutesi in Italia: tagli al personale e ai fondi. Autonomia della scuola, vuol dire volontà da parte dello Stato centrale di smantellare la scuola pubblica e affidarla ad altri: privati, genitori. Si sta dicendo ai genitori: se pagate 3/400 euro per mandare i vostri figli alla scuola dell’infanzia fino a 5 anni, potete pagare anche dopo. E’ quello che accade in tanti paesi del mondo. Noi abbiamo avuto la scuola e la pedagogia migliori del Novecento con Rodari, Don Milani, Malaguzzi, Ciari: quelle scritte nella nostra Costituzione. Ora si sta imponendo un modello di scuola anglosassone: 20/30 mila euro a alunno per frequentare la scuola dell’obbligo, e chi non ha soldi si deve accontentare di una scuola scadente che non permette neppure ai ragazzi di continuare il loro corso di studi e andare al college.
In più di un’occasione sottolinei gli aspetti negativi di questa scuola senza andare a scuola. Qual è la tua paura maggiore per la riapertura di settembre?
C’è una grande confusione: i sindacati dicono che mancano 170mila docenti per poter sdoppiare le classi numerose e garantire la sicurezza, il governo non immette docenti e dice che va bene così. Si sta andando verso il caos annunciato, l’emergenza. Perchè? Ho due ipotesi. O si spera in un contagio per ritornare alla scuola a distanza, che costa comunque dieci volte in meno che quella normale. O si fingerà di accorgersi della mancanza di docenti solo il primo giorno di scuola, e a quel punto i governatori potrebbero parlare di privatizzazione e regionalizzazione della scuola, di cui si è già parlato in passato, immettendo educatori di cooperative sociali (costo 800 euro al mese e nessun diritto, tipo le vacanze) invece che i docenti di ruolo (costo 1500 euro, i meno pagati di Europa, ma per il nostro governo, evidentemente, ancora troppo cari). In questo modo si arriverebbe a una inedita “privatizzazione della scuola pubblica” da Sinistra: ricordiamoci che anche Bonaccini, poco prima della sua rielezione, parlò di regionalizzazione della scuola.
Tu affronti anche un tema saliente della nostra scuola, non solo associabile alle conseguenze dei mesi di didattica distanza: quello della dispersione scolastica. Molti studenti per mesi non si sono connessi, hanno perduto ogni tipo di contatto con la realtà scolastica, e anche tu, nella tua classe, hai avuto il caso di una bambina, Sailor, che hai provato in ogni modo ad aiutare. In che modo dovrebbe agire il ministero per evitare che questa dispersione scolastica continui ad essere una piaga del nostro Paese, anche in condizioni di “normalità”?
Oltre il 6% degli studenti, migliaia di migliaia, sono stati esclusi dalla DaD. Ma anche chi non è stato escluso, in media, ha fatto un ventesimo delle ore di scuola che avrebbe dovuto fare se le scuole fossero state aperte. Per questo nessuno studente poteva essere bocciato: un genitore che avrebbe impugnato la sentenza di bocciatura e tutto il castello di carta della scuola a distanza, anticostituzionale, sarebbe crollato: perchè era soprattutto scuola di emergenze, di guerra. C’è stato un enorme taglio di ore di lezione: questa è la verità. E una sottovalutazione della dispersione scolastica. Non è un caso se, anche in regime di scuola in presenza, siamo tra i paesi dove la dispersione è maggiore. Che fare per risolvere questa piaga? Investimenti e assunzioni. Non possiamo continuare a trattare i nostri figli e studenti peggio che le scarpe e automobili, cioè delle merci.
Nel tuo libro spesso lasci spazio alle voci dei tuo studenti, bambini di prima elementare.
Mi piace lasciare spazio alla voce dei più piccoli perchè sento nelle loro parole una saggezza di specie che tanti adulti ormai hanno perso. Dovremmo iniziare a ascoltarli di più: sono la nostra unica speranza.
In che modo, secondo te, questa esperienza lunga di assenza dalla scuola, potrà segnare il loro percorso di studenti e bambini nel prossimo futuro?
I bambini sono più forti di quanto pensiamo. Credo che non ne risentiranno più di tanto, se l’assenza da scuola è finita qui. Se invece qualcuno ha in mente di far diventare l’emergenza normalità, aumentando la Dad e diminuendo le ore di scuola in presenza, peggiorerà tutto ulteriormente: cambierà il modello di scuola a cui siamo stati abituati negli ultimi 150 anni. Gli esseri umani sono esseri sociali, ma i social ci hanno già detto che, se non vengono abituati a vivere quotidianamente la loro socialità, possono anche rinchiudersi in se stessi e incattivirsi. Ci sono già fenomeni preoccupanti in questo senso che riguardano in particolare modo gli adolescenti. Occorre, come docenti e come genitori, fare di tutto per scongiurarli. La scuola non è solo la scuola, ma per la maggioranza di bambini e dei ragazzi è la vita, è molto più di quello che loro stessi immaginano, è la parte migliore del mondo in cui oggi sono accolti e possono vivere.