Su YouTube alcune mamme della scuola dell’infanzia Gulliver hanno pubblicato l’Inno Gulliver, un ironico video musicale in cui cantano e ballano. Sta spopolando: quasi ventimila visite in una settimana. Il brano è stato composto da Manuel Vozza, 41enne, musicista, padre di un iscritto e maestro elementare in una scuola reggiana. Al direttore dell’Istituzione Scuole e nidi d’infanzia del Comune di Reggio, nonché membro del comitato scientifico di Reggio Children, il video non è piaciuto perché “dà un’immagine dell’educazione stereotipata e che non corrisponde certo ai valori che abbiamo cercato di trasmettere in cinquant’anni”. Tante sono le frasi della canzone che hanno suscitato imbarazzo e polemiche. “Siamo contente dalla mattina/mentre scaldiamo il latte in cucina/perché pensiamo sempre al grande omaggio/di stare sole fino al pomeriggio”, cantano le dieci mamme della Gulliver. In un ufficio: “Così potremo anche lavorare/che al confronto andiamo a riposare/invece che tenerli dentro casa/che ci distruggono qualsiasi cosa. Appena a scuola noi li riaccompagniamo/e in silenzio poi ci defiliamo. Già vestirli è una vera lotta”. Sempre cantando, le mamme ironizzano sulla quantità di incontri con i genitori proposti dalla scuola: “Di incontri quanti ne fate/Possiamo venire però abbiamo sete/Sciopereremo certamente in piazza/ perché vogliamo birre e anche la pizza». E’ indubbio che nel video si dia una immagine del bambino e, in particolare, del rapporto tra bambino e adulto piuttosto stereotipata e lontana da quella che promuove da decenni Reggio Children. Come sostiene Paola Cagliari: “un bambino che distrugge tutto, litigioso e che a scuola ci va volentieri ma non più di tanto”. Come è stereotipata e anacronistica l’immagine degli insegnanti “bacchetta in mano e bambini ai loro piedi”. E’ sempre vero, come sostiene la Cagliari, che nel video le mamme rischiano di dare l’idea di una scuola come parcheggio, più che luogo di socializzazione e approfondimento. La Cagliari ha ragione su tutta la linea. E se avesse partecipato alle feste di fine anno che si svolgono nelle scuole statali primarie che io conosco bene, dove a volte intervengono anche i genitori, sono sicuro che troverebbe da ridire ancora di più. E a ragione. Ma il punto è: promuoviamo la partecipazione dei genitori degli alunni o no? O forse solo di alcuni e di altri no? Inoltre viene da chiedersi se Cagliari non manchi di un po’ di ironia e non si rischi, di questo passo, di esagerare. Ma forse è inevitabile. Probabilmente sono apprensioni inevitabili quando si va verso una scuola-azienda in cui tutto, anche una innocua canzoncina, potrebbe rischiare di mettere in discussione l’immagine di un metodo educativo e di un approccio pedagogico commercializzato e diffuso nel mondo. Sembra una questione da poco, ma non lo è. Perché ha a che fare con uno dei pilastri dello stesso Reggio Approach: il rapporto forte e condiviso tra docenti e pedagogisti e genitori degli alunni. Tutti. Personalmente credo sarebbe utile un vero confronto, che manca oggi in tante scuole, – anche nelle primarie e nelle superiori, – su come oggi siano cambiati la famiglia, i bambini, i ragazzi, i ruoli, i rapporti tra genitori e figli all’interno della famiglia. Non a caso da anni parliamo dell’opportunità che, proprio nella nostra città, possa aver luogo un Festival Internazionale dell’Educazione: per non crogiolarsi sui successi passati, ma guardare anche al futuro, come ci ha insegnato proprio Malaguzzi. C’è poi un ulteriore particolare da segnalare e su cui riflettere attentamente: l’autore del brano musicale, Vozza, che non trova nel video nulla di criticabile, ha dichiarato ai giornali che lo ha registrato anche alla Siae. Insomma, i diritti sono suoi. Questo pone ancora una volta una questione di proprietà: chi può e non può usare il marchio Reggio Children? Come può e non può usarlo? Ma ancora di più: sulla proprietà e l’utilizzo dei materiali prodotti dai bambini o dai loro genitori all’interno delle scuole reggiane. Insomma, chi è il proprietario? I bambini? I loro genitori? Gli insegnanti? I pedagogisti? Una società privata? Pubblica? Mista pubblico privata? Siamo tutti proprietari? Nessuno? O solo di alcuni? Chi? No, non è proprio una questione da poco, per chi ha veramente voglia di affrontarla seriamente. E non è né inutile né rimandabile all’infinito, perché anch’essa ha profondamente a che fare, più di una canzoncina, non solo come l’immagine di una scuola, ma con l’immagine che vogliamo dare del bambino e della cultura dell’infanzia. Insomma, di chi sono i bambini e quello che fanno?
Niente da eccepire in merito alle osservazioni poste da chi nell’ambiente lavora, studia e sperimenta, credo però che nessuno dei genitori delle scuole comunali reggiane, nemmeno i protagonisti del video, le veda come parcheggio di bimbi dispettosi, ma… riusciamo anche a sorridere qualche volta? forse ai nostri… vostri, io ormai nonna!!! piccoli piace vederci anche scherzosi, un poco di ironia non ci distruggerà e saper scherzare aiuta anche ad essere più sereni. Francamente gli stereotipi che aleggiano nella cronaca di questi giorni mi spaventano di più. Non entro nel merito di eventuali diritti d’autore o utilizzo di marchi, che sono regolati.
condivido, vanna. un po’ di ironia in più farebbe bene….