Dice Vecchi: “Ho tenuto la delega alla cultura non perché mi sia dimenticato di assegnarla ma perché avevo un disegno in testa, quello che sto realizzando. Sicuro che alla fine del mio mandato avrei lasciato una governance culturale del tutto nuova”. Dunque, ricapitoliamo: in tre anni si è partorita una governance che elaborerà, evidentemente, politiche e progetti culturali del tutto nuovi? Per chi? E quando? Al secondo mandato? La tempistica: prudente e tardiva. Governance vuol dire umiltà, certo. Ma anche mancanza, di fatto, di un vero assessore alla cultura: cioè di una una persona, in giunta, impegnata politicamente, a tempo pieno, in questo settore.
Il comitato scientifico della Fondazione Palazzo Magnani è fatto di stimati professionisti: perché uno di loro – uno a caso – non poteva essere nominato assessore? E cosa comunica un sindaco che non nomina un assessore, si tiene la delega, ma si circonda non di consulenti, come fa da sempre ogni assessore, ma di un comitato scientifico? E un segno di forza e competenza o debolezza? Di chi vuole investire o no sulla cultura? A ognuno la sua risposta. Governance può voler dire novità e competenza, certo. Ma politicamente, forse, anche divisione delle responsabilità e/o addirittura deresponsabilità.. Trovo poi ingenerose alcune battute sulla cultura reggiana passata. E un po’ fuori luogo i toni trionfalistici del nuovo corso in cui si ricorda che “la verità è che non puoi fare davvero cultura se non hai una serie di competenze ad altissimo livello. Ora le abbiamo”. Ti viene da dire: “Oibò, in questi tre anni, dunque, be’, sì, non c’erano proprio, eh?” A ogni modo, alleluia ed evviva il nuovo comitato scientifico e buon lavoro. La vera notizia tanto è un’altra: in questi anni il Pd ha scelto di sopprimere l’assessorato alla cultura comunale, con un assessorato alla cultura misto pubblico privato: la Fondazione Palazzo Magnani. In nome della modernizzazione e della ottimizzazione degli investimenti, si è così cambiata l’idea stessa di cultura. O è cultura-fai-da-te con funzioni ludico-ricreative e d’animazione dei luoghi, che si autoproducono gli stessi cittadini chiedendo piccole sovvenzioni al comune tramite il famigerato bandone – la cosiddetta cultura sociale, di serie B, diciamo.
Oppure si fa cultura alta con la Fondazione Palazzo Magnani, cultura altissima, levissima- cioè, per lo più, smercio e mercato culturale: si compra ciò che è diventato cultura e arte nei circuiti in cui questo è deciso e si ripropone anche qui. Con tanti saluti, immagino, a qualsiasi idea di arte e cultura come ricerca e produzione politica e sociale. Nuovo? E’ quello che fece già il Pd dopo lo scioglimento di Ds e Margherita: n una mano la educazione e formazione, nell’altra cultura più o meno alta. Ben separate. Senza che l’una sappia o giudichi troppo quello che fa l’altra. Peccato che siano passati tanti anni da allora. E che la specificità e l’identità della nostra terra, in passato, sia stata proprio tener uniti questi due aspetti: arte e cultura da una parte e formazione dall’altra, con intento anche sociale e formativo come alfabetizzazione di base ai linguaggi. Per questo propongo, questa volta al comitato scientifico di palazzo Magnani, un Festival Internazionale sull’Educazione.