Quindici giorni prima di Natale ci fu un’abbondante nevicata. Le strade del Belvedere, il quartiere in cui abitavo, erano state perfettamente pulite dagli spazzaneve. Ma nei campi, tra i rami degli alberi spogli e sui tetti delle case, la neve non si era ancora sciolta e in quella mattinata il sole faceva scintillare ogni cosa come in un sogno. Mancavano due settimane al giorno di Natale, e in città c’erano festoni e alberi addobbati davanti ai negozi, nei cortili delle case e lungo le strade.
Nel corridoio della scuola San Giovanni Bosco, in via Bismantova, noi alunni di seconda elementare stavamo parlando della lista dei regali.
“Io vorrei un robot telecomandato,” diceva qualcuno.
“Io ho chiesto un trenino elettrico,” diceva qualcun altro.
“Io… Io ancora non lo so, ma spero che mi porti qual-cosa che mi piace,” diceva un terzo.
“Io invece vorrei un dinosauro gonfiabile,” diceva un quarto bambino.
Passarono accanto a noi due bambine grandi, due bambine dell’ultima classe. “Babbo Natale non esiste,” disse quella con i capelli lunghi e biondi e gli occhiali. lo disse con quell’aria di superiorità che hanno solo alcune bambine dell’ultima classe.
L’altra, quella con i capelli neri a caschetto e un cuore disegnato sul dorso della mano sinistra, aggiunse con lo stesso tono presuntuoso e arrogante: “I regali li portano i genitori, piccolini. Ancora non lo sapete?”
Se ne andarono tutte e due per i fatti loro. Io e i miei compagni di classe restammo senza parole. Tra noi alunni della seconda iniziò una discussione che durò fino al suono della campanella che annunciava il ritorno in aula. E proseguì nei giorni successivi, dentro e fuori dalla scuola.
C’era chi sosteneva che le parole delle bambine dell’ultima classe erano solo un modo per darsi delle arie. Chi aveva un cugino che gli aveva già detto che Babbo Natale non esisteva ma lui non ne era sicuro. Chi invece ne era sicuro ma non l’aveva detto ai suoi genitori per paura che smettessero di fargli regali. Di pomeriggio, mentre facevo i compiti di matematica in camera mia, avevo sempre la testa piena di domande. Come facevano a volare, le renne che tiravano la slitta, senza ali? Come faceva Babbo Natale in una sola notte a portare i regali a tutti i bambini?
Qualche giorno più tardi, io e mio fratello eravamo in cortile a giocare. Era un altro pomeriggio freddo e luminoso. La neve rimasta attutiva i rumori delle poche automobili che passavano sulla strada, e nei campi e nei cortili tutt’intorno regnava un silenzio irreale. Mentre noi costruivamo un pupazzo di neve mi chiesi:
“Può esistere, anche se io non l’ho mai visto?”
E mi risposi: Certo che esiste!»
Il mio ragionamento era questo: “Visto che Dio esiste anche se io fino ad ora non l’ho mai visto, forse esiste anche Babbo Natale. In fondo, anche l’aria che respiro, anche se non la vedo, esiste.”A ogni modo, piano piano il cielo si tinse di arancione e all’orizzonte il sole cominciò a calare. Mamma si affacciò dalla finestra e gridò: “Giuseppe! Claudio! Cosa fate ancora lì fuori? Rientrate in casa, dai! Ormai sta diventando buio.”
“Ancora un po’, mamma,” disse mio fratello. “Non abbiamo ancora finito il pupazzo!”
«No, venite adesso. Il pupazzo lo finirete domani. ormai fa troppo freddo e poi vi ammalate.”
“Va bene, mamma,” dissi io. “Stiamo arrivando.”
Mentre rientravo in casa insieme a mio fratello, mi chiesi: “Come fa Babbo Natale a portare i regali fin sotto i nostri letti? È vero, mamma lascia socchiusa una finestra dell’appartamento la notte della vigilia. Ma abitiamo all’ultimo piano. Come fa Babbo Natale ad arrivare fin lì con la slitta?” E poi a volte a Natale non nevica. Allora mi chiedevo: “la slitta senza ruote come fa a viaggiare?”
Quattro pomeriggi dopo, mentre io e Claudio eravamo di nuovo nel cortile di casa, questa volta a giocare sulla neve con uno slittino, confidai a mio fratello i miei dubbi sull’esistenza di Babbo Natale. Subito Claudio mi guardò perplesso. Era chiaro che lui, che frequentava ancora la scuola dell’infanzia, non si era mai fatto simili domande. Poi però ebbe un’idea niente male.
«Tra due giorni è la vigilia di Natale. Basta che rimaniamo svegli tutta la notte e lo scopriremo!”
Così la notte della vigilia di Natale, dopo la grande cena a lume di candela con i nostri genitori, i parenti e gli amici, arrivò l’ora di andare a dormire. Io e Claudio da bambini dormivamo nella stessa camera. I nostri letti erano uno parallelo all’altro. Mamma e papà ci diedero il bacio della buonanotte, poi spensero la luce e se ne andarono nella loro stanza. D’improvviso tutto il mondo fu avvolto da un buio pieno di ombre e di mistero.
“Sei sveglio?” chiesi.
“Certo,” rispose Claudio.
«Hai paura?”
“No.»
“Sei stanco?”
“Un po’.”
“Emozionato?”
“Molto. Mi sembra di essere in un’avventura. Di essere un detective.”
Restammo qualche minuto in silenzio rannicchiati sotto le coperte, poi mi saltò in testa un’idea.“Senti, Claudio, di tanto in tanto, per non addormentarci, possiamo chiamarci da sotto le coperte, che ne dici?”
“Ottima idea,” disse lui.
Andammo avanti col trucco delle domande e delle risposte per almeno mezz’ora: dopo qual- che minuto di silenzio, uno dei due chiamava e l’altro rispondeva. Ma più il tempo passava più le nostre palpebre diventavano pesanti e la nostra voce era impastata dal sonno. Finché io dissi…
“Claudio, sei sveglio?”
E lui non rispose.
Ehi, ci sei?”
Silenzio.
“Claudio…”
E ancora una volta lui non rispose. Si era addormentato.
Ci rimasi un po’ male, ma non mi persi d’animo. Mi dissi: “Continuerò a stare sveglio da solo.”
Quella notte, per non addormentarmi, feci di tutto. Subito ammirai la mezza luna e le stelle oltre i vetri della finestra della nostra camera. Poi decisi di restare sveglio a occhi chiusi. Poi pensai che restare sveglio a occhi chiusi sarebbe stato troppo pericoloso e senza accorgermene avrei finito per addormentarmi anche io. Così mi venne in mente di raccontare delle favole a Claudio. Anche se dormiva e non poteva ascoltarmi: parlare mi sarebbe servito a non addormentarmi.
Ma più il tempo passava e più mi accorgevo che le mie palpebre si appesantivano. ormai si chiudevano da sole. E di Babbo Natale neppure l’ombra. Vidi solo mio papà, un paio di volte, che andava e tornava dal bagno. Nient’altro. E avevo sempre più sonno. Insomma, non sapevo cosa fare.
“Magari arriva appena mi addormento,” pensai. “No, non posso arrendermi adesso. Devo continuare a stare sveglio. Devo resiste- re.” Per vincere il sonno decisi di darmi dei pizzicotti. Sì, quando sentivo che stavo per addormentarmi mi davo un pizzicotto sul braccio o sulla guancia e così riuscivo a stare sveglio…
Quando avevo ormai perso la speranza, e le mie palpebre erano diventate pesanti come sassi e non avevo più la forza neppure di darmi pizzicotti, finalmente lo vidi. Con la barba bianca e l’abito rosso! lo vidi entrare in camera in punta di piedi, senza accendere la luce. Mettere i pacchi sotto il mio letto e sotto quello di mio fratello. E insomma, capii che Babbo Natale esiste per davvero…
Uscendo dalla camera l’ho salutato
“Ciao, Babbo Natale.”
“Cia-ciao,” mi ha detto Babbo Natale. E poi: “E tu cosa ci fai ancora sveglio?”
«Ti aspettavo, Babbo Natale.”
La voce di Babbo Natale tra l’altro subito mi ha ricordato quella di mio papà. Anche se in realtà ho capito che quella di Babbo Natale era molto più profonda. Molto più bassa e profonda di quella di mio padre. Io gli ho chiesto: “Lo sai, Babbo Nata- le, che c’è chi dice che non esisti?” E lui, quasi ridendo: “Addirittura! E chi dice cose del genere?”“Delle bambine grandi. Delle bambine dell’ultima classe della mia scuola.»
“Bambine grandi? Non bisogna credere alle bambine grandi.”
«Perché?”
“Perché pur di darsi delle arie si inventano sempre un sacco di cose.»
“Al- ora tu esisti veramente?”
“Certo che esisto. Non mi vedi?”
“Babbo Natale, è vero che Natale è la festa di compleanno di Gesù?”
“Certo.”
“E chi non crede in Gesù?”
“Per chi non ci crede, è comunque la festa della nascita di un bambino. E perciò di tutti i bambini. E perciò di tutti, perché ognuno di noi, ogni adulto è stato un bambino.”
“Ma allora perché Natale piace più ai bambini che ai grandi?”
Babbo Natale ha sorriso e mi ha detto:
“Dici? Forse, Giuseppe… Forse perché i bambini sono più vicini al Natale, cioè al momento della loro nascita.”
«Babbo Natale, come fai a conoscere il mio nome?»
“Babbo Natale conosce i nomi di tutti i bambini e di tutte le bambine del mondo, Giuseppe, non lo sapevi? Altrimenti come farebbe a portare a tutti i regali?”
“Ah, già,” ho detto io con la voce impastata dal sonno e le palpebre che ormai si chiudevano da sole. Poi improvvisamente mi è venuto un dubbio: “Ma io sto sognando o sono sveglio?”
Allora mi sono dato un paio di pizzicotti sulle guance, e poi ho chiesto: “Babbo Natale, sei sicuro che esisti? Sicuro sicuro?” E lui mi ha risposto: “Certo, Giuseppe. E comunque, anche se non esistessi… Sì, insomma, sarebbe ugualmente meraviglioso.”
“Cosa?” gli ho chiesto io.
E Babbo Natale mi ha detto: “È meraviglioso questo fatto che tutti i papà e le mamme del mondo, Giuseppe, tutti gli adulti insomma, in ogni luogo, in ogni paese, senza mettersi neppure d’accordo, nella stessa notte, si trasformano in Babbo Natale per fare regali ai più piccoli. Migliaia di adulti. Milioni. Pensa, Giuseppe, se fanno una cosa così buona e grandiosa, così bella, chissà quante altre cose bellissime e incredibili possono fare insieme quegli stessi uomini e quelle stesse donne! Basta solo che si mettano d’accordo. Basta solo che lo vogliano. Dai, Giuseppe, adesso dormi che ormai è mattina e tra poco tu e Claudio dovete aprire i regali.”
L’ho salutato e mi sono addormentato. Dimenticandomi completamente di chiedergli come faceva a viaggiare sulla slitta quando non c’era la neve e come riusciva a portare sulla slitta tutti i regali in una sola notte.
Dopo quella volta, a sette anni, non ho mai più visto Babbo Natale. Ma anche oggi che è passato tanto tempo mi ricordo quella notte come se l’avessi appena trascorsa. Parlai con lui e poi mi addormentai sorridente pensando a quello che mi aveva detto. Ancora oggi ripensare alle sue parole mi trasmettono un sentimento di fiducia e di speranza.
Riduzione del racconto “Prova dell’esistenza di Babbo natale” pubblicato su Miti bambini
illustrato da alcune immagini natalizie dei bambini della mia classe seconda di Calerno